Rivista XLVIII (2008) - fasc. 3

Studi e Testi
Moretti Felice
pp. 391-425
Antonio da Bitonto OFMObs nella vita religiosa e sociale del Quattrocento
II.08.3.01

Poggio Bracciolini nel De avarizia scriveva che l'opera dei frati predicatori di penitenza nel Quattrocento era facile, perché in ogni città ripetevano le stesse cose al popolo, lasciandolo più sciocco di prima. Questi pregiudizi degli umanisti furono vinti dagli stessi predicatori perché era sufficiente che alzassero la voce e nessuno più badava a quelle derisioni. La loro azione si estrinsecava con l'ampliamento delle loro conoscenze attraverso lo studio, al fine di poter offrire un servizio più efficace alle masse nella cura animarum; le loro prediche avevano lo scopo di ricondurre alla concordia e alla penitenza gli uomini in preda alle passioni più sfrenate.
Tra i predicatori più conosciuti e richiesti primeggiarono Bernardino da Siena, Giovanni da Capestrano, Alberto da Sarteano, Michele Carcano, Giacomo della Marca, Antonio da Bitonto che, dopo Roberto Caracciolo da Lecce, è considerato il più illustre pugliese del Quattrocento. Le sue prediche, giunte fino a noi, costituiscono una fonte di primaria importanza per la conoscenza della vita pubblica e delle effettive condizioni delle città italiane del tardo Medioevo, segnando, con altri predicatori, il secolo XV, il secolo dell'Osservanza, caratterizzato dalla predicazione popolare in Italia e non solo in Italia.
Antonio da Bitonto non fu solo un illustre predicatore perché non meno importante fu il suo ruolo nella storia civile e nei rapporti con i reggitori delle città e con i personaggi della nobiltà che promossero l'Osservanza volgendola a loro vantaggio.

Poggio Bracciolini in the De avarizia wrote that the work of the penance preaching friars, in the fifteenth century, was easy because in every city they repeated the same things and dismissed the people, leaving them more confused than they had come. Such prejudices of the humanists were won by the preachers themselves because whenever they raised their voices nobody minded their derisions any more. Their action was expressed through the widening of their knowledge in order to offer a more effective service to the masses in the cura animarum and their sermons aimed at leading men, prey of the most unbrioled passions, to peace and penance. Among the best known and most required preachers, stood out Bernardino da Siena, Giovanni da Capestrano, Alberto da Sarteano, Michele Carcano, Giacomo della Marca, Antonio da Bitonto who, after Roberto Caracciolo da Lecce, is considered as the most renowned apulien in the 15th century.
His sermons, come down to us, constitute a source of primary importance, characterized by the popular preaching both in Italy and elsewhere.
Antonio was not only an eminent preacher and his role was also of the utmost importance in regard to the civil history and his relationships whit the rulers of the cities, the important personages and the nobility, who promoted the Observance, turning it to their advantage.

Italiano
Ciammaruconi Clemente
pp. 427-462
“Egli è un buon italiano”. Pio Leonardo Navarra e la missione d’Oriente Ofmconv nell’età dell’imperialismo (1900-1921)
II.08.3.02

Dopo aver costituito per molti secoli un solido punto di riferimento per la vasta comunità levantina, nell'età dell'imperialismo la presenza francescana a Costantinopoli finì sempre più per assumere un marcato valore nazionalistico. In questo senso, l'esperienza di Pio Leonardo Navarra come ministro della Provincia d'Oriente dell'Ordine dei Frati minori conventuali, si presta a cogliere in maniera esemplare quella complessa linea evolutiva che contraddistinse il progressivo definirsi dei rapporti tra mondo cattolico e realtà politico-sociale dall'età giolittiana all'affermazione del «centrismo».
Attraverso l'azione di Navarra – in seguito vescovo di Gubbio (1921-1932) e poi di Terracina, Sezze e Priverno, nell'Agro Pontino «redento» (1932-1951) – è quindi possibile ripercorrere le tappe che condussero tanta parte del clero dall'intransigentismo leonino all'accoglimento di quelle istanze patriottico-nazionaliste che prefigurarono il successivo incontro con il regime fascista negli anni del pontificato di Pio XI. Un percorso per molti versi esemplare, contrassegnato dal conflitto italo-turco, dalla Grande guerra – durante cui Navarra svolse un'intensa opera di assistenza materiale e spirituale nei confronti dei tanti connazionali che vivevano in un Impero ottomano ormai inarrestabilmente avviato verso la definitiva disgregazione – e, ancora, dalle schermaglie diplomatiche che portarono alla costruzione della «chiesa nazionale italiana» di Sant'Antonio a Costantinopoli (1906-1913).

After being for many years a steady point of reference for the populous Levantine community in Constantinople, the Franciscans acquired a strong nationalistic feel during the Imperialistic age. In this political landscape, Pius Leonard Navarra's experience is a perfect example of the complex development which characterized the redefining relationship between the Catholic world and the socio-political background during the age which extends from the ministry of Giolitti to the rise of the so-called «centrism».
Several steps can be detected in Navarra's politics which rendered it possible for the Italian clergy to shift from the uncompromising position of Leo XIII to a more nationalistic and patriotic attitude. This new frame of mind would open the road to the agreement with the Fascist regime during the rule of Pius XI. Minister of the Eastern Province of the Order of Friars Minor Conventual, Navarra – who was later to become bishop in Gubbio (1921-1932) and in the Dioceses of the reclaimed Agro Pontino, Terracina, Sezze and Priverno (1932-1951) – fostered an intense humanitarian help in favour of his fellow countrymen who lived in the Ottoman Empire and who had to undergo the difficulties of a dying State during the Great War and the Italian-Turkish conflict. He also contributed to the diplomatic skirmishes which led to the creation of the so-called «Italian national church» of St. Anthony in Constantinople.

Italiano
Note e Ricerche
Foladore Giulia
pp. 463-470
Francesco il Vecchio da Carrara e una vasca all’ombra del Santo. “Iussum fuit per officiales [...] hanc urnam fieri”
II.08.3.03

In questa nota sono proposte alcune riflessioni su una vasca, commissionata da Francesco il Vecchio da Carrara nel 1376 e conservata, a pezzi, in un sarcofago in una delle nicchie esterne dell'abside della basilica di Sant'Antonio. Dopo una breve analisi epigrafica sulla classificazione del manufatto, si cerca di ricostruirne storicamente la provenienza e soprattutto di porla in relazione con altri quattro prodotti epigrafici, del tutto analoghi, attualmente conservati presso altri luoghi di Padova. La perfetta rassomiglianza di queste vasche tra loro, porta a ritenere che siamo di fronte ad una produzione seriale, finanziata dal dominus carrarese per manifestare ancora una volta il potere della signoria nella Padova trecentesca.

In this note, I would like to present some considerations about a basin, commissioned by Francesco Il Vecchio da Carrara in the 1376. Actually it's preserved, in pieces, in one of the niches, outside of Sant'Antonio's apse. After a short epigraphical analysis about the manifacture's classification, I tried to reconstruct its provenience from an historical point of view, and most of all to show the relation between this object and four other epigraphical products, completely analogous, now conserved by many other places in Padua. The perfect resemblance of these manifactures proves an example of a serial production, financed by the dominus carrarese, to express another time the power of the signoria in Padua during the XIVth century.

Italiano
Tosetti Grandi Paola
pp. 471-482
Un incunabolo di Pietro Adamo de’ Micheli alla Biblioteca Antoniana di Padova. Blondi Flavii Forliviensis, in Romae trivmphantis libros.
II.08.3.04

Il contributo prende in considerazione la figura del protostampatore mantovano Pietro Adamo de' Micheli, che inizia la sua attività a Mantova sul finire dell'anno 1471. Egli si valse dell'appoggio culturale di Ludovico II Gonzaga, per stampare libri come il Decameron, che prendevano a modello i manoscritti della biblioteca dei Gonzaga, particolarmente curati sotto il profilo filologico e testuale. Pietro Adamo de' Micheli risulta in contatto anche con i miniatori dei Gonzaga: ad esempio per la corrispondenza poetica con Bartolomeo Sanvito. L'incunabolo della Pontificia Biblioteca Antoniana Roma triumphans di Biondo Flavio, impressa a Mantova intorno al 1472 è, coerentemente con questo ambiente artistico, decorato in tutti i capilettera da litterae mantinianae…: sono infatti questi gli anni in cui Andrea Mantegna, pittore di corte dei Gonzaga, inizia a interessarsi alla stampa di riproduzione delle sue invenzioni.

The paper considers the figure of the mantuan proto printer Pietro Adamo de' Micheli, wich starts his activity in Mantua at the end of the year 1471. He avails himself of the Ludovico's II Gonzaga cultural support, to print books like the Decameron, as a models of the Gonzaga's library manuscripts, particularly accurates on the philological and textual point of view. Pietro Adamo de' Micheli results also in connection with the Gonzaga's illuminators: for istance he was in poetic correspondence with Bartolomeo Sanvito. The Biondo's Flavio incunabulum Roma triumphans of the Ponticia Biblioteca Antonia2na, printed in Mantua about the 1472 is, accordingly with this artistic milieu, decorated on all capitals letters with litterae mantinianae: these are infact the years in wich Andrea Mantegna, Gonzaga's court painter, starts to be interested in reproducing his invenctions by print.

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Pantarotto Marina
pp. 483-497
Note di lettura. Libri, biblioteche e cultura degli Ordini regolari nell’Italia moderna.
II.08.3.05

Viene presentato il volume che raccoglie gli interventi del Convegno Internazionale svoltosi a Macerata nel 2006: il convegno illustra il progetto di studio sistematico (denominato RICI) della documentazione prodotta dall'Inchiesta della Congregazione dell'Indice dei libri proibiti, tra il 1598 e il 1603. Risultato del progetto è una banca dati in cui vengono riversati tutti i dati oggi compresi nei codici Vat. Lat. 11266-11326 e l'edizione delle liste a cura della Biblioteca Apostolica Vaticana.
I contributi raccolti nel volume ripercorrono le fasi dell'Inchiesta, presentano varie prospettive di ricerca fondate sul materiale esaminato e illustrano le caratteristiche della banca dati di prossima pubblicazione. Le note di lettura esaminano i singoli contributi sottolineandone gli aspetti più interessanti e quelli meno convincenti.

The speeches of the International Convention that took place in Macerata in 2006 are now available in a volume. The aim of the convention was to illustrate RICI, a systematic analysis of the documents gathered during the investigation of the Congregation of the Index of forbidden books, between 1598 and 1603. As a result, a specific data bank now includes all the data which have been assembled so far in Vat. Lat. Codes 11266-11326.
The contributions to the volume examine the steps of the investigation, show different perspectives of research, and identify the features of the next data bank. Moreover, some critical notes take into account the single contributions thus underlining the most interesting points and the less convincing ones.

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Pasquale Gianluigi
pp. 499-519
La salvezza si appoggia alla storia. Una lettura teologica del libro di J. Ratzinger, San Bonaventura
II.08.3.06

L'articolo compie un'attenta ricognizione teologica del celebre libro di Benedetto XVI-Joseph Ratzinger su San Bonaventura, scritto oramai mezzo secolo fa (1959) quale tesi di abilitazione all'insegnamento, ma solo recentemente (2008) rimesso in circolazione, con una nuova traduzione, per il pubblico in lingua italiana. L'Autore prende le mosse dalla teologia della storia di san Bonaventura e, soprattutto, dalla rilettura che il teologo francescano fece del rapporto tra storia e Sacra Scrittura, alla luce dell'interpretazione profetico-escatologica di Gioacchino da Fiore. La progressiva comprensione della Scrittura intesa come Rivelazione – per entrare nella quale non si può prescindere dalla storia – spinse Bonaventura a formulare una teologia della storia, dalla quale si possono trarre, poi, alcune conclusioni di indole cristologica ed ecclesiologica. La prima, dedotta dal confronto teologico critico con le premonizioni dell'abate florense, permette al Dottore Serafico di affermare che esiste un tempo salvifico di redenzione interno alla storia e non meramente rimandabile alla fine dei tempi. La seconda si può rintracciare, invece, antecedentemente all'influsso gioachimita e presenta Gesù Cristo con il suo essere centro del tempo, non nel senso che con la venuta del Figlio di Dio i tempi si siano consumati, ma che, contrariamente, i misteri siano arrivati alla loro pienezza, definendo così il tempo cristiano come tempo ultimo. Con la terza conclusione, circoscritta da Ratzinger, è possibile ribaltare la tesi comune che la rappresentazione cristiana – e per questo inedita – del tempo sia una linea continua, invece che un cerchio: nella misura in cui la visione della successione degli avvenimenti salvaguarda la simultaneità della presenza di Gesù Cristo nel tempo, di cui è centro assoluto, va assunta più opportunamente la definizione circolare, mantenendola distinta da quella greco-ellenistica.

The article carries out an in-depth theological exploration of the famous book by Benedict 16th-Joseph Ratzinger on St. Bonaventure, which was written half a century ago (1959) as a teaching qualification dissertation, but has only recently (2008) been republished in a new Italian translation. The Author starts from Bonaventure's theology of history, particularly his reading of the relation between history and Holy Scripture, in the light of the prophetic-eschatological interpretation of Joachim of Fiore. The gradual comprehension of Scripture in the sense of Revelation – for which history must be necessarily taken into account – led Bonaventure to formulate a theology of history that implies certain Christological and ecclesiological conclusions. With the first conclusion, deduced from a critical theological analysis of Joachim's premonitions, Bonaventure affirms that there is a salvific time of redemption within history, which cannot be merely deferred to the end of times. The second conclusion, instead, can be traced to a period preceding Joachim's influence and presents Jesus Christ as center of time, not in the sense that with the coming of the Son the times have been consummated, but that, on the contrary, the mysteries have reached their fulfillment, thus defining Christian time as the final time. With the third conclusion defined by Ratzinger, it is possible to overturn the common idea of the Christian – and thus novel – representation of time as a continuous line, instead of a circle: in the measure in which the view of the succession of events safeguards the simultaneity of the presence of Jesus Christ in time, of which Christ is absolute center, the circular representation is actually more proper, although it must be kept distinct from the Greek-Hellenistic one.

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