Dalla riforma di S. Giustina alla congregazione cassinese. Genesi, evoluzione e irradiazione di un modello monastico europeo (secc. XV - XVI)

PRESENTAZIONE DEL CONVEGNO

L’abbazia di Santa Giustina in accordo con il Centro storico benedettino italiano abbina il ricordo del centenario (1919) del ritorno dei monaci nella loro antica dimora, lasciata da oltre un secolo in seguito all’espulsione napoleonica, con il sesto secolo (1419) dalla fondazione della congregazione “De unitate” promossa dal proprio abate, Ludovico Barbo, di concerto con le abbazie di S. Giorgio Maggiore di Venezia, S. Maria di Badia di Firenze e S. Felice di Ammiana di Venezia. In effetti il solenne riconoscimento pontificio della nuova istituzione era avvenuto il 1° gennaio 1419 grazie ad una bolla di papa Martino V, emessa a Mantova, durante il suo viaggio verso Roma. Le due istituzioni monastiche italiane con il presente Convegno di studi intendono approfondire i motivi per cui i quattro abati fondatori presero l’iniziativa di unirsi allo scopo di immettere uno spirito nuovo nel vetusto ordine monastico di san Benedetto. Gli studiosi si confronteranno su temi e argomenti riguardanti la genesi della riforma dell’osservanza, l’evoluzione di un tale progetto e la sua prodigiosa irradiazione. La congregazione giustiniana, ideata come un’unione tra abati e monasteri, fondata sulla tradizionale centralità della figura abbaziale e sulla loro autonomia gestionale, approdò, nel giro di pochi anni, alla temporalità di tutte le cariche direttive (abati, priori, decani, cellerari, economi, maestri dei novizi) designate e controllate dall’annuale capitolo generale, dove i definitori assunsero il ruolo di guida di tutto il sistema congregazionale, considerando di conseguenza i singoli monasteri come membri di un’unica e compatta istituzione. L’abate o il priore di ogni singola casa erano quindi disciplinati non solo dalla Regola di san Benedetto, aggiornata e interpretata attraverso le dichiarazioni, ma strettamente sottoposti alle norme delle costituzioni approvate dalla Sede Apostolica, assurgendo così ad una entità di tipo costituzionale. Il controllo di tutta la struttura durante l’anno era ulteriormente assicurato dal presidente e dai visitatori, i quali ultimi si recavano nei singoli monasteri per verificare l’andamento dell’osservanza monastica e della disciplina praticata da tutti i membri. Un organismo così centralizzato ha assicurato non solo la comune osservanza della Regola benedettina, ma anche la graduale e laboriosa uniformità dei testi liturgici nei formulari per l’ufficio e per la messa, intervenendo nell’esecuzione melodica del canto gregoriano, come pure nella parte rituale delle celebrazioni liturgiche. L’uniformità delle disposizioni normative ha riguardato altri ambiti della vita cenobitica, quali l’economia nella tenuta dei libri contabili mediante la partita doppia, la conduzione dei fondi agrari e la loro bonifica, la ristrutturazione di antichi e la costruzione di nuovi edifici, compresi quelli chiesastici adeguandoli alle esigenze di una mentalità, quella umanistica, che privilegiava la persona nella sua ricerca di un’operosa e personale solitudine. Le felici soluzioni adottate e i provvedimenti emanati dai capitoli generali, sotto la spinta di un impetuoso incremento delle vocazioni (fondate su una solida spiritualità biblico patristica ma aperte alle istanze europee della “devotio moderna”), erano accompagnate da un esemplare stile di vita di tutti i suoi componenti, permettendo così una rapida diffusione della riforma che inglobò numerosissime abbazie italiane: fra tutte, quella di San Paolo fuori le Mura di Roma (1425). Così alla fine del secolo XV i suoi monaci avevano aggregato ben 44 abbazie della Penisola, cui all’inizio del secolo seguente fu significativamente aggiunto l’archicenobio di Montecassino (15, XI, 1504: bolla Super cathedram praeminentiae pastoralis di Giulio II), mutando la sua denominazione in Congregazione cassinese. Nel 1506 si unirono i numerosi monasteri della Sicilia. Le riforme introdotte dall’abate Ludovico Barbo e dalla sua congregazione nella tradizionale struttura dei benedettini neri ebbero una ricaduta anche in altre istituzioni monastiche non solo italiane ma europee, favorite per questo dai romani pontefici a cominciare da Eugenio IV in poi, tanto che i monaci spagnoli di San Benedetto di Valladolid, i francesi di Chezal-Benoît, St-Vanne et St-Hydulphe, St-Maur, quelli tedeschi della congregazione di Bursfeld e gli ungheresi di Pannonhalma ottennero di modellare le loro costituzioni su quelle di S. Giustina. Anche i cistercensi di Castiglia e quelli italiani di S. Bernardo ne seguirono le orme riformatrici. Un analogo influsso fu esercitato, con scambio pure di monaci e di esperienze, presso i camaldolesi, i vallombrosani, i silvestrini e gli stessi celestini. Il confronto che si istituirà tra i diversi studiosi non solo arricchirà la conoscenza del fenomeno riformistico monastico del Quattrocento ma contribuirà a sua volta a chiarire il ruolo assunto dai suoi membri nella Chiesa del Cinquecento in un clima intriso di umanesimo, di evangelismo e di fermenti rinascimentali che postulavano una sostanziale riforma della Chiesa nel capo e nelle membra. Tali istanze riformatrici ebbero il proprio approdo non tanto durante il concilio Lateranense V, quanto invece in quello di Trento, dove il monachesimo si presentò forte della propria profonda cultura biblica e patristica. Purtroppo tale indirizzo teologico, in dialogo con le istanze della Riforma protestante, fu perdente per l’irruente intransigenza della teologia scolastica, fondata su argomentazioni più filosofico-aristoteliche che biblico-patristiche. Il rinnovamento della spiritualità monastica, condivisa con altre esperienze religiose, ebbe infine una ricaduta sia sulla cultura dei monaci, impegnati in quest’ultimo campo nella formazione intellettuale dei giovani professi, sia nell’allestimento e incremento di nuove biblioteche, sia nel fervore di committenze artistiche, che abbellirono i chiostri e i luoghi deputati all’assidua preghiera corale e alla celebrazione del sacrificio eucaristico. La quattrocentesca riforma perseguita con tutte le forze dall’abate Barbo e dai suoi illuminati successori, approdata con pari fervore pure nell’inquieto mondo ecclesiale del Cinquecento, ha in ultima analisi incarnato quanto sapientemente ha indicato il fondatore e Patriarca Benedetto nella sua regola, vale a dire che «in ogni cosa sia glorificato Dio» (RB, 57,9).

COMITATO SCIENTIFICO Mariano Dell’Omo (Pontificio Ateneo Sant’Anselmo - Roma), Giustino Farnedi (Centro Storico Benedettino Italiano), Donato Gallo (Università degli Studi di Padova), Antonio Lovato (Università degli Studi di Padova), Guglielmo Scannerini (Centro Storico Benedettino Italiano), Giovanni Spinelli (Centro Storico Benedettino Italiano), Nadia Togni (Università di Ginevra), Francesco Trolese (Istituto di Liturgia Pastorale “S. Giustina” - Padova).

COMITATO ORGANIZZATIVO Paolo Baldovin, Chiara Equisetto, Elisa Furlan, Francesca Marcellan, Sara Menapace, Giulio Pagnoni, Emanuela Pavia, Giampaolo Rampazzo, Filippo Resta, Alfonso Vianello.

18 settembre 2019 - ore 21.00 Affetti dell'animo - Concerto del coro da camera del Concentus Musicum Patavinus - Ingresso gratuito (programma)
19 settembre 2019 - ore 21.00 Lucernalis, Salmi barocchi - Concerto del gruppo vocale e strumentale Caterina Ensemble - Ingresso gratuito (programma)