Rivista LXII (2022) - fasc. 1

Studi e Testi
Tiziano Lorenzin
pp. 7-18
L’uso della regola ermeneutica ebraica della ‘‘Gezerah Shawah’’ nei ‘‘Sermones’’ di sant’Antonio di Padova
II.22.1.01

SOMMARIO

Sant’Antonio di Padova nella sua lettura della Bibbia segue la tradizione della chiesa. La considera come un unico libro che contiene la Parola di Dio come aveva insegnato un suo confratello canonico regolare agostiniano, Ugo di San Vittore: «Tutta la divina Scrittura costituisce un unico libro e quest unico libro è Cristo e trova in Cristo il suo compimento». Pur essendo debitore dei metodi interpretativi dei grandi Padri e autori ecclesiastici antichi, Antonio si situa all interno del movimento teologico del suo tempo che aveva in Parigi il suo centro. E probabilmente proprio dal monastero dei Vittorini di Parigi egli è potuto venire a conoscenza indirettamente di un metodo di interpretazione in uso nella tradizione ebraica rabbinica, da lui impiegato in forma privilegiata nei suoi Sermones: la Gezerah Shawah, o «deduzione per analogia». Due passi sono accostati grazie a uno o più termini comuni. E ` un modo di spiegare la Bibbia con la Bibbia: una regola che poteva essere adoperata in senso stretto solo quando nei due passi della Bibbia, che si devono confrontare, compaiono le stesse espressioni e a maggior ragione se esse compaiono solo in quei passi. Propongo come esempio alcuni testi tratti dai Sermones dominicales del Santo. Antonio legge la Bibbia partendo da quello che egli vede dalla posizione in cui si trovava, un frate minore che viveva in una comunità impegnata nell’evangelizzazione. Antonio ha voluto fare una lettura «responsabile», intendendo con ciò interpretazioni che sono responsabili nei confronti sia del testo sia della comunità dei lettori che è la chiesa.

Parole chiave: Antonio di Padova; Sermones dominicales; Bibbia, la Gezerah Shawah, o «deduzione per analogia».

ABSTRACT

With regards to his approach to the Bible, St. Anthony of Padova is in consonance with the tradition of the church, considering the Bible as a single book which has as its content, the Word of God. This teaching had been sustained by his Augustinian regular canonical Hugh of St. Victor, postulating that, ‘‘All divine Scripture constitutes a single book and this book is Christ, in whom it finds its fulfillment’’. Although Anthony is undoubtedly indebted to the interpretative methods of the great Fathers and ancient church authors, he also finds himself immersed in the theological movement of his time whose seat was at Paris. It is most likely that his knowledge of the method of interpretation common in the Jewish rabbinic tradition, which he used in an exceptional way in his Sermons ‘‘the Gezerah Shawah’’ or «the deduction by analogy», indirectly evolves from the Victorin Monastery of Paris. This technique juxtaposes two texts with the help of one or more common terms. It is a way of explaining the Bible with the Bible: a rule that could only be used in the strict sense when the same expressions appear in two passages which must be compared in the Bible, and better still, if those expressions appear only in those passages. As example, I submit some texts extracted from the Sermones dominicales of the Saint. Anthony reads the Bible starting from what he sees from the position in which he finds himself, that is, as a Minor friar who lived in a community engaged in evangelization. Anthony determined to make a ‘‘responsible’’ reading, that is, through the use of interpretations that are conscious both of the text and of the community of readers which is the church.

Keywords: Anthony of Padua; Sermones dominicales; Bible; Gezerah Shawah = dededuction by analogy.

italiano
Giovanni Ponchio
pp. 19-34
Il clamore del silenzio. Dante e Antonio di Padova
II.22.1.02

SOMMARIO

Perché Dante non trova un posto per Antonio di Padova tra i santi che risplendono nelle nove sfere celesti o siedono nella mistica rosa dell’Empireo? Perché in tutta la Commedia il Santo non viene nemmeno nominato? Certamente non si tratta di una dimenticanza involontaria. Piuttosto di una deliberata omissione, dovuta a una precisa scelta del poeta. Sui motivi di questa decisione indaga l’autore, riconducendo la sua origine alla malevolenza che Alighieri direttamente o indirettamente manifesta verso Padova. La città guelfa infatti aveva fatto di Antonio il suo patrono e protettore nella diuturna lotta contro il vicario imperiale e signore di Verona, Cangrande della Scala, al quale Dante ha dedicato la cantica del Paradiso.

Parole chiave: Dante Alighieri; Divina Commedia; Padova; Cangrande della Scala.

ABSTRACT

Why hasn’t Dante granted Anthony of Padua a place among the blessed saints who shine in the nine celestial bodies of Paradiso and dwell in the Mystic Rose of Empyrean? Why isn’t the Saint even mentioned throughout the whole Commedia? Far from being an accidental sign of carelessness, it rather appears as a purposeful and resolute omission, and as a matter of fact, a precise choice made by the poet. In the following article, the author investigates the reasons behind this decision, tracing its origin back to the malevolence that Alighieri expresses against Padua, either in his outspoken comments and indirectly.The Guelph city of Padua appointed Anthony as its patron saint and protector in the long-lasting conflict against the Imperial vicar and Lord of Verona, Cangrande della Scala, to whom the Paradiso is expressly dedicated.

Keywords: Dante Alighieri; Divina Commedia; Padua; Cangrande della Scala.

italiano
Arnaldo Sancricca
pp. 35-76
Stato delle Province francescane al tempo di frate Elia (1221-1227 / 1232-1239). Il caso della «Provincia di Romagna» nelle fonti agiografiche antoniane
II.22.1.03

SOMMARIO

Le fonti agiografiche collocano l’arrivo in Italia di Antonio da Lisbona in coincidenza di un capitolo generale, tenutosi alla Porziuncola, che gli studiosi collocano nel 1221 e riferiscono della successiva affiliazione del frate Portoghese alla provincia di Romagna. L’esistenza di questa provincia, tuttavia, non è confermata da nessun documento, sicché ad oggi l’identificazione proposta dà per scontati i confini delineati dal Provinciale vetustissimum (1334-1343), un documento che colloca la custodia di Forlì in provincia Bononiensis, istituita nel 1272. Poiché al tempo di Francesco il Nord Italia ricadeva sotto un’unica provincia detta di Lombardia, finora è stata data per acquisita l’affiliazione del futuro Antonio di Padova a questa provincia, a partire dal presunto ruolo di ministro, attribuito a frate Graziano, che condusse Antonio in Romagna. Effettuando uno studio comparato, condotto sull’Assidua e sulle prime fonti antoniane, emerge tuttavia una realtà ben diversa: il ruolo di Graziano non solo era circoscritto alla Romagna, ma lo stesso non aveva determinati poteri che la Regola conferisce a un ministro, fermo restando che l’autore dell’Assidua mai attribuisce alla Romagna il titolo di Provincia. Sarà Giuliano da Spira ad assegnare a frate Graziano il ruolo di provinciale, mentre ad attribuire alla Romagna il titolo di provincia sarà il redattore del Dialogus de gestis (1245-1247), memore del fatto che, al tempo di frate Elia (1232-1239), la provincia della Marca di Ancona fu divisa in due, con la parte a Nord del fiume Esino ricadente nella cosiddetta «Romània» bizantina. Al tempo di Francesco la Provincia Romandiole non faceva parte dello Stato della Chiesa e, considerando che i frati tendevano a far coincidere i confini delle province francescane con quelli di una o più province ecclesiastiche, dal Liber Cancelleriae Apostolicae risulta che la Provincia Ecclesiastica delle Marche si estendeva verso Nord, fino a inglobare le diocesi di Rimini e Cesena. Visto che Antonio, a norma della Regula non bullata, fu inviato dal suo provinciale in terra di Romagna, ne dobbiamo dedurre che ante annum 1272 la custodia romagnola, facente capo al convento di Forlì, dipendeva dal ministro provinciale delle Marche.

Parole chiave: Antonio di Padova; Provincia di Romagna; Provinciale Vetustissimum; Provincia Bononiensis; Provincia di Lombardia; Graziano di Romagna; Assidua o Vita prima; Frate Elia da Cortona; Marca di Ancona.

ABSTRACT

The hagiographic sources place the arrival of Antonio of Lisbon in Italy in conjunction with the Capitolo Generale, held at the Porziuncola, which historicals place in 1221 and refer to the subsequent affiliation of the Portuguese friar to the province of Romagna. The existence of this province, however, is not confirmed by any document, so that today the proposed identification takes for granted the borders delineated by the Provinciale vetustissimum (1334-1343), a document that places the custody of Forlì in the Bononiensis province, established in 1272. As Northern Italy fell under a single province, known as Lombardy at the time of Francesco, the affiliation of the future Antonio of Padua to this province has been taken for granted so far, starting from the presumed role of minister, attributed to br. Graziano, who led Antonio to Romagna. Carrying out a comparative study conducted on the Assidua and on the first Antonian sources, a very different reality emerges: the role of Graziano was only limited to Romagna and he did not have certain powers that the Rule confers to a minister, considering that the author of the Assidua never attributes the title of Province to Romagna. It will be Giuliano da Spira to assign to br. Graziano the role of provincial, while the redactor of the Dialogus de gestis (1245-1247) will be the one giving Romagna the title of province, mindful of the fact that, at the time of br. Elia (1232-1239), the province of March of Ancona was divided in two, with the northern part of the river Esino falling into the socalled Byzantine «Romània». At the time of Francesco the Romandiole Province was not part of the Papal State and, considering that the friars tended to make the borders of the Franciscan provinces coincide with those of one or more ecclesiastical provinces, from the Liber Cancelleriae Apostolicae it appears that the Ecclesiastical Province of Marche was extended towards the north, including the dioceses of Rimini and Cesena. Since Antonio, in accordance with the Regula non bullata, was sent by his provincial to the land of Romagna, we must deduce that ante annum 1272 the Romagna custody, headed by the convent of Forlì, depended on the provincial minister of the Marche.

Keywords: Saint Anthony of Padua; Provincia di Romagna; Provinciale Vetustissimum; Provincia Bononiensis; Province of Lombardia; Graziano of Romagna; Assidua o Vita prima; Br. Elia of Cortona; Marca Anconitana.

italiano
Giorgetta Bonfiglio-Dosio
pp. 77-128
Pratiche e strumenti di gestione documentale nella cancelleria della Veneranda Arca di S. Antonio: i ‘‘Libri iurium’’ dei secoli XVI-XVII
II.22.1.04

SOMMARIO

L’articolo attraverso l’analisi dei libri iurium prodotti dai notai, che ricoprirono la carica di cancellieri della Veneranda Arca di S. Antonio e che copiarono nei registri i documenti originali pergamenacei, conservati in rotoli entro sacchi, ricostruisce i meccanismi della gestione documentale dell’Arca durante i secoli XVI e XVII. L’edizione critica degli indici coevi compilati dai cancellieri, integrata con informazioni accessorie, comprendenti il rinvio agli originali tuttora conservati, consente di ricostruire nella sua completezza e originaria consistenza l’archivio, sul quale i cancellieri operarono una selezione e uno scarto riguardanti i contratti ritenuti non più necessari alla tutela dei diritti dell’Arca.

Parole chiave: Veneranda Arca di S. Antonio; Gestione documentale; Secoli XVIXVII; Padova; Cancellieri; Libri iurium; Notai.

ABSTRACT

The article through the analysis of the libri iurium produced by the notaries, who held the position of chancellors of the Veneranda Arca di S. Antonio in Padua and who copied in the registers the original parchment documents, kept in rolls in bags, reconstructs the mechanisms of the records management of the Ark during the sixteenth and seventeenth centuries. The critical edition of the contemporary indexes compiled by the chancellors, supplemented with ancillary information, including the reference to the originals still preserved, allows to reconstruct in its completeness and original consistency the archive, on which the chancellors made a selection and a discard concerning the contracts considered no longer necessary for the protection of the rights of the Ark.

Keywords: Veneranda Arca di S. Antonio; Records management; XVI-XVII centuries; Padua; Chancellors; Libri iurium; Notaries.

italiano
Niccolò Dalla Costa
pp. 129-150
Le pale settecentesche per il tornacoro della basilica del Santo
II.22.1.05

SOMMARIO

Con un resoconto degli studi compiuti fino a oggi, si espongono le conoscenze in merito alle cappelle del tornacoro nella basilica del Santo a Padova tra l’inizio del Settecento e la fine dell’Ottocento, ovvero quando ebbe inizio il grande restauro a opera di Camillo Boito. Nello specifico si analizzano le pale d’altare, che adornavano tali cappelle, dipinte dai grandi pittori viventi nel Lombardo-Veneto nella prima metà del XVIII secolo: Pellegrini, Tiepolo, Ceruti, Rotari, Pittoni, Piazzetta, Balestra e Bortoloni. A oggi solo la pala di Bortoloni risulta scomparsa, oltre a essere stata l’unica commissionata dal patrono della relativa cappella, diversamente dalle altre, per le quali il committente fu la Veneranda Arca del Santo. Le pale vengono descritte sotto gli aspetti cronologici, artistico-descrittivi ed emozionali. Vengono inoltre presentati i giudizi di alcuni grandi storici e critici, a partire dalla metà del Settecento fino ai giorni nostri. I documenti in nostro possesso ci raccontano quanto questi quadri abbiano avuto una vita travagliata fin dall’inizio della loro permanenza in basilica con i problemi connessi al clima umido al suo interno, per non parlare del pericoloso incendio scoppiato nel marzo del 1749. Lo smembramento attuato da Boito nel 1894, inoltre, ha realmente compromesso l’organicità dell’apparato artistico che si era venuto a creare, in nome di un ritorno al passato, costringendo a disseminare le pale in vari angoli del convento e comportando anche, per alcune, l’incubo dell’oblio. Solo infatti nel 1981, in occasione della grande Mostra Antoniana a Padova, per la prima volta le tele vengono di nuovo esposte tutte assieme e con l’ufficiale riapertura del Museo Antoniano nel 1995 trovano ivi stabilmente e definitivamente una loro fissa postazione, dove possano essere ammirate dal pubblico e dagli studiosi.

Parole chiave: Padova; Basilica del Santo; Cappelle absidali; Pale d’altare.

ABSTRACT

By a summary of all studies, we’re going to explain our knowledge about the choir screen chapels in the Basilica of Santo in Padua from the beginning of XVIII century to the end of XIX century, when the restoration works by Camillo Boito started. In particular we’re going to analyse the altarpieces for the chapels, painted by Pellegrini, Tiepolo, Ceruti, Rotari, Pittoni, Piazzetta, Balestra and Bortoloni, great painters of the first half of XVIII century original of today’s Lombardia and Veneto. Today only the Bortoloni’s altarpiece turns out lost, moreover it was the only one to be commissioned by the patron of the respective chapel, instead of the other seven altarpieces, for which the purchaser was the Veneranda Arca del Santo. The pictures are described from cronological, artistic, emotional and critical aspects. By documents it’s clear how much they have been suffering the damp climate in Basilica and especially the dangerous fire blazed there in March 1749. Then, the restoration by Boito in 1894 compromised the artistic scenery, in the name of returning to the past; the altarpieces were distributed inside of the convent, with danger of oblivion for some of them. They were again exposed at the great art exibition in Padua in 1981, Sant’Antonio 1231-1981; when the Museo Antoniano was reopened in 1995, our altarpieces were finally and permanently exposed to the public and scholars and researchers.

Keywords: Padua; St. Anthony’s Basilica; Apse chapel; Altarpieces.

italiano
Note e Ricerche
Antonio Montefusco
pp. 151-161
Al crocevia tra storia, società e linguaggio. Nota di lettura
II.22.1.05

SOMMARIO

L’articolo prende in esame il volume Credito e Monti di pietà tra Medioevo ed età moderna. Un bilancio storiografico, a cura di P. Delcorno e I. Zavattero. L’autore presenta i contributi raccolti nel libro, e si concentra soprattutto sulle differenze tra la letteratura critica inerente alla storia dell’usura e a quella sul Monte di Pietà.

Parole chiave: Medioevo; Usura; Monti di Pietà ; Delcorno Pietro; Zavattero Irene.

ABSTRACT

The article examines the volume Credito e Monti di pietà tra Medioevo ed età moderna. Un bilancio storiografico, edited by P. Delcorno and I. Zavattero. The author presents the contributions collected in the book, and focuses mainly on the differences between the critical literature concerning the history of usury and that on Monte di Pietà.

Keywords: Middle Age; Usury; Monti di Pietà ; Delcorno Pietro; Zavattero Irene.

italiano
Paola Maurizi
pp. 163-176
San Francesco d’Assisi nella musica dell’Ottocento
II.22.1.07

SOMMARIO

Con i contributi della storiografia romantica franco-tedesca, la fortuna musicale di san Francesco si amplia e gli omaggi del tedesco Carl Loewe (il Lied Der heilige Franciscus, 1837), dell’ungherese Franz Liszt (Cantico del Sol, 1862; La predica agli uccelli, 1863), del belga Edgar Tinel (l’oratorio Franciscus, 1888), del francese Charles Gounod (l’oratorio Saint Franc¸ois d’Assise, 1891) emergono per qualità e aderenza alla figura del Serafico. Considerando il ritardo della cultura italiana nell’accogliere il Francesco poeta e le difficoltà subite anche dall’Ordine francescano nel XIX secolo, si può dire che con questi compositori l’Europa preceda l’Italia e i laici anticipino i compositori dell’Ordine nel cantare il Poverello di Assisi. I loro lavori, che evidenziano suggestioni visive (affreschi di Giotto, Murillo) o suggerimenti letterari (Fioretti, Dante), vengono presentati anche in relazione agli orientamenti della produzione musicale francescana del secolo successivo da essi spesso preannunciati.

Parole chiave: San Francesco; Assisi; Musica; XIX secolo.

ABSTRACT

With the contributions of French-German romantic historiography, the musical fortune of St. Francis widened and the homages of the German Carl Loewe (the Lied Der heilige Franciscus, 1837), of the Hungarian Franz Liszt (Cantico del Sol, 1862; La predica agli uccelli, 1863), of the Belgian Edgar Tinel (the oratorio Franciscus, 1888), of the French Charles Gounod (the oratorio Saint Franc¸ois d’Assise, 1891), emerged for quality and adherence to the figure of the Seraphic. Considering the delay of the Italian culture in accepting the poet Francis and the difficulties suffered by the Franciscan Order in the 19th century, it can be said that with these composers, Europe preceded Italy and the laity anticipated the composers of the Order in singing the Poverello of Assisi. Their works, which highlight visual (Giotto, Murillo) or literary references (Fioretti, Dante), are also presented in relation to the Franciscan musical production guidelines of the following century, that they had preannounced.

Keywords: St. Francis; Assisi; Music; 19th century.

italiano